martedì 28 aprile 2015

stefano jacurti: chi ha detto che il cinema western è morto? intervista sul vitruviano

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Chi ha detto che il cinema western è morto? Stefano Jacurti ci parla del suo ultimo lavoro In evidenza
Scritto da Amira Abdel Shahid Ahmed Ibrahim


DAL BLOG IL VITRUVIANO

il cinema in Italia a volte sembra quasi addormentato, agli occhi della maggior parte delle persone può sembrare che si sia adagiato tra una "commedia all'italiana" e un cinepanettone per poi ricevere uno scossone quando uno fra tanti rompe questo "sonno" con un riconoscimento importante. Nonostante questa calma apparente c'è sempre chi lavora sodo e chi sogna, specialmente nel cinema indipendente dove si elabora ciò che si ama con le proprie forze. L'attore e regista di film western Stefano Jacurti ci ha raccontanto la sua esperienza nel mondo del cinema indipendente e ci ha parlato del suo ultimo lavoro "Se il mondo intorno crepa".

Come ti sei avvicinato al mondo del cinema indipendente e cosa significa fare cinema per te ?

"Ho cominciato negli anni 90, oggi i mezzi tecnici che si usavano a quell’epoca sono roba da modernariato, eppure quelle prime esperienze, sono state importanti perché gettarono il seme dell’interesse e delle sfide per realizzare sogni nel cassetto. Il tutto nel cinema indipendente però si svolge in un mondo meno comodo perché quelle poche forze economiche sono tue, ma pur restando sempre con i piedi in terra, si possono raccontare storie coinvolgenti e bisogna crederci! Che poi sia tutto facile, nemmeno per sogno, anzi, si lavora in salita, ma il fascino del cinema indipendente è proprio quello. "

La tua esperienza più significativa nell'ambito del cinema indipendente?

"Come film maker tutte le ritengo formative, dal corto “Boot Hill” passando per “Inferno Bianco” un western innevato girato tra le bufere di neve, premiato al Tentacoli Film Festival. Restando nell’ambito del “solo attore” perché è una mia seconda natura che deve sopravvivere, l’esperienza con Lucas Pavetto nell’horror “Il Marito Perfetto” con Crisula Stafida, è stata molto interessante, sono stato contento di aver lavorato in un film premiato in Usa e Messico. "

Hai da poco presentato la quarta proiezione del tuo ultimo lavoro. Parlacene .

"“Se il mondo intorno crepa” è il titolo nato da un momento difficile della vita, la perdita di un genitore. Dopo essere passato nel dolore come accade a tutti, mi sono detto che dovevo fare qualcosa, e appena ho avuto l’idea, sono partito in missione per scrivere e produrre una storia western. Se mai esistesse un cinema tra le nuvole, spero che il "mio vecchio" (che vecchio non era di testa), tutt’altro, lo abbia visto. Del resto mio padre era un appassionato, quindi tutto questo "casino" lo ha combinato lui trasmettendomi entusiasmo. E’ la storia di due soci nel crimine, uno è un delirante assassino, (Il sottoscritto) l’altro è un feroce psicopatico interpretato da Simone Pieroni. Li chiamano “Il poeta” e “Il Macellaio” , due nomi che sono tutto un programma e chi vedrà il film capirà perchè. La storia è molto intensa, violenta e malinconica con diversi colpi di scena, quindi “attenti a quello che è, e quello che sembra.” Ma c’è anche Sheila, interpretata da Emanuela Ponzano, una donna che fa il mestiere più antico del mondo e che da cieca vede le cose meglio degli altri, una donna pronta a lottare contro l’emarginazione. Nel cast ci sono anche Antonella Salvucci, una cowgirl del west di oggi con Emiliano Ferrera che ha condiviso la regia con me. Lui è anche “Bill Carson” un personaggio del film, insieme a tanti altri."

Come mai la scelta di fare proprio dei film western, un genere che forse al giorno d'oggi si " vende" meno rispetto alle commedie ?

"Non penso mai quando mi butto in un progetto, a quello che va di moda, voglio raccontare la mia storia, anche perché sono abbastanza lontano dalle scelte che si sono fatte in passato nel nostro paese e i risultati hanno parlato chiaro. Di solito se c’è qualche film italiano che si mette in luce a livello internazionale, passano anni tra l’uno e l’altro perché il successo spesso è dovuto alla prodezza del singolo. Insomma, non appare più un gioco di squadra come fu nel 1960/70 dove la qualità complessiva del nostro cinema era più alta. Per quanto riguarda il western e non solo quello italiano, ma anche quello Usa, questo genere ha sempre fatto parte del mio immaginario, mi trovo meglio a raccontare storie lontane dalla nostra realtà geografica e temporale, piuttosto che quelle sotto casa. Ma ognuno fa quello che vuole. Non è certo vietato raccontare la nostra realtà, purché, a mio modesto avviso, si coinvolga la gente a livello emozionale. In questo paese sembra che nona accada mai il contrario, sembra sia imposto non girare i film di genere a priori e questo non posso accettarlo. Secondo me certi significati sono universali al di là di dove si svolge la vicenda, anche se il western è sempre stato il luogo del cuore, sono nato così."

Che ne pensi della scelta di far diventare un cult del cinema western come Django un telefilm ?

"Mi viene da dire: “Alla buon’ora! Ma cosa è successo vi si è fermato il treno? Perché è una vita che vi aspetto, io nel mondo western ci sono da un pezzo”. Comunque sono lieto di tutto ciò, proprio per quanto detto prima, ben venga, riportare le atmosfere western in TV può essere importante anche se avrei evitato di usare titoli di capolavori già affermati al cinema come Django e Suspiria. Possibile che bisogna sempre citare i titoloni del passato? Un po’ di prudenza in più verso il passato e più fantasia per i titoli nel presente non guasterebbero, probabilmente il mercato impone certe scelte. Comunque al di là delle sfumature sui titoli, il serial potrebbe essere un segnale positivo, si vede che ormai ci si rende conto che non si può più restare chiusi ma andare più lontano. Seguirò quindi con interesse il Django televisivo con un grosso in bocca al lupo!"